PRIMO CANTO

 

 

 

 

 

 

 

In principio

     E' questa terra di tali solitudini, da alimentare nascite di geni visionari. Hanno per destino quello delle immagini imperfette: recano le deformità di un'indigenza remota. I segni di una fame che  li distingue lontani ---e diversi. Vengono in fretta, si tendono nello sforzo d'improbabili malinconie. Restano al cielo espulsi, nella notte del rifiuto.

  A Ezechiele Leandro

  lecce. Estate 1993

 

 

 

              Primo Canto

     In cerca:  quando finisce il giorno,
     sopra gli accumuli di pietra in fuga.
     Sono in cerca tra i rami -ora che è sera,
     nel cielo azzurro e grigio di foglie sempre-verdi.
    
     Ancora in cerca, nel buio:
     con il cuore ammorbato di sonno,
     con quest'occhio che è vinto.

      *

     Sopravveniva ---dicendo che ora il Vento era fra loro.

     (L'aria
       appena rincalzava
       tra le foglie
       e il cielo.)

     Trasalirono,
     con gli occhi alla ricerca dell'evento
     ---il cuore fu toccato da un appena Infinito.

      *

     Per sempre: il mare.
     Questo duro confine all'eterno.
     La misura del Cielo.

     Assediati dal mare:
     il valore dell'onda lo coniuga infinito.

     Distesa, nel sonno per l'attesa. Inesauribile: pensa.
     Un lento venir meno per noi a questa riva.

     *

     Il mare
     nella notte fredda
     mostra le acque nude.
     Duri cristalli -
     inutilmente -
     recingono la riva.

      *

     IN ATTESA
     che la vita cessasse d'illuminare ogni cosa.
     In attesa che la notte s'incendiasse.

     (Era colma di occhi
     privi di memoria.)

      *

     Immobile ---Tra il mare
     e un muro di Luce.

     La caduta fragorosa dell'inerte
     nel Silenzio
     Scintilla.

     La penisola -verde -
     s'immerse all'orizzonte.
     Azzurro intorno.

      *

     Nuvole mosse al Vento ---le nuvole, nel cielo.
     Quelli Che Non Ci Sono: nell'aria veloce e densa ---Vengono.

      *

     Io non so mai di Te: dove cominci, né quando sei. Non so il vuoto dove mi manchi, né cosa tu sia.

     Abbandoni questo corpo in superficie.

      *

     Mi addestravo a guardare come fossero parole.
     L'esercizio richiedeva solitudine.
     Raccoglievo la scrittura per non dimenticare.

      *

     Dentro la noia immensa della vita. Nella paura del mondo,
     nel dolore per la solitudine.
     Guardavo.


      ***

     Fulminati dalla luna. E un firmamento, di stelle seminate.

     La notte del ritorno c'era la luna in cielo. L'immensa forza s'irradiava ---solo un poco più in alto di noi.

    
     Ci sono luoghi dove le cose accadono, radianti, verso l'intorno ---ed è un intorno che sempre respira addosso.

    
     Smisurata la quantità di luce, la vastità degli spazi aperti nella vita del giorno. Incessante la ricchezza di figure, di riflessi, di verdi. La complessità in giardino tra i colori dei fiori e i moti delle forme ---l'avvicendarsi dei cieli diversi, mentre ricorrono alla terra, lungo il silenzio dei muri.

     Il primo giorno che sono ritornata, dentro il tramonto componevo un'opera di pietra.


     Quando partivo, le cose si staccarono da me: non per riporsi in modo differente, per collocarsi altrove. Ora, io le ritrovo immense.

 

  lecce. Novembre 1992

 

 

 

In memoria

Sempre ritorni a mancare: sei questo chiaro improvviso che irrompe al cuore del tramonto. Ora avanzi, e ridi! Con parole tristi d'ubriaco crivelli la tua notte. Di te, rimangono quegli occhi: vuoti deserti, cerchi aridi di pianto.

     L'autodidatta sapeva di dovere lottare contro la sua libertà: per cercare la legge, per contenere l'istinto che sfocia nell'espressione gratuita, già paga di sé. Avrebbe dovuto lavorare, e il genio impulsivo della sua visione sarebbe divenuto la fatica quotidiana ---Disertò allora la sua vocazione, alimentando una permeabile distanza al suo destino. E indifferente. Il mare lo raccolse al suo confino.

     Non gli fu restituito né il cielo, né l'anima. Ricacciato da tutti al di fuori di sé, continuava a vagare nei cerchi dell'alcool. Pittore per gli altri. Il lido soltanto rendeva sopportabile quell'estraneazione; solo il mare sapeva quei limiti divelti dentro il cuore dell'uomo, e nel suo vasto profondo tenere quella rovina e la mancata storia.

  A Edoardo De Candia

  lecce. Autunno 1993